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La morale Della Favola
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LA MORALE DELLA FAVOLA

Questa mostra nasce grazie ad un libro di racconti dal titolo “La morale della favola” di Lino Angiuli e Lino Di Turi, illustrato da Vito Matera, presentato da Pietro Sisto e pubblicato dall’editore Vito Radio di Putignano. La Kunsthalle, come già altre volte in passato con artisti e poeti popolari, ospita volentieri un’ antologica dell’artista di Gravina al fine di offrire ai Putignanesi l’occasione di ascoltare dalla viva voce degli autori una lettura dei racconti e di approfondire la conoscenza del lavoro dell’artista. L’arte di Vito Matera è esplicitamente narrativa con le facilitazioni, ma anche con tutti i rischi che questo può comportare, primi tra tutti i vincoli e le regole che scandiscono ogni narrazione. Il suo operare ci predispone all’ascolto, ma richiede, per esser goduto, una piccola ma impagabile virtù: dobbiamo essere in qualche modo disponibili ad una giocosa complicità. Ogni sua opera, semplice ed immediata come un prezioso gioco d’altri tempi, ci racconta una storia; anche per questa ragione, la sua visione si presta al dialogo virtuoso con le altre forme dell’arte, prima fra tutte la letteratura. I lucidi sogni, di cui ci offre le coloratissime sequenze, somigliano all’autore, ricco com’è di felina, domestica, garbata ironia. Non è difficile ritrovare rimandi (ma per Matera trattasi di affinità elettive candidamente dichiarate) al lavoro di Tullio Pericoli ma anche di Emilio Tadini, fra gli artisti italiani contemporanei – non a caso si tratta di artisti molto amati dai letterati se non essi stessi letterati di rango – senza contare il Magritte più ironico e lo Chagall più leggero e volatile. Alcune tavole sono così rarefatte e gentili da sembrarci davvero provenire da altri luoghi possibili, dove i sogni sono reali e i fatti della realtà, questa che ci danno da vedere nei telegionali, pure invenzioni di un demiurgo in vena di brutti scherzi. È questa la chiave – io credo – per penetrare nel mondo di Vito Matera, in cui la magia si materializza e la materia si fa magica. Zittozitto, e a patto che si riesca a mollare, almeno per un poco, i soliti tiggì dell’angoscia, col suo fare sornione Vito Matera ci accompagna a riscoprire, gli « immensi tesori celati nelle viscere della terra. Perché i fianchi dei monti, il fondo delle grotte, il fitto delle foreste sono pieni di oro lucente, che aspetta il fortunato scopritore. Soltanto, la ricerca dei tesori non va senza pericoli perché è opera diabolica, e si toccano delle potenze spaventose. È inutile frugare a caso la terra: i tesori non compaiono che a colui che deve trovarli. E per sapere dove sono, non ci sono che le ispirazioni dei sogni, se non si ha avuto la fortuna di essere guidati da uno degli spiriti della terra che li custodiscono, da un monachicchio ». Così scriveva Carlo Levi in “Cristo s’è fermato ad Eboli” alludendo alle credenze dei contadini di Accettura. Vito Matera assomiglia certamente ad un monachicchio (dalle nostre parti diciamo monacello), ma è posseduto da un contagioso spirito gentile che non smette di sorprenderci con quei tesori che nessuno può rubare né possedere solo per sé e che sono, irrimediabilmente, nascosti solo a chi non sa più sognare. Vito Intini
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Bestiario Minimo, 2006, Mario Adda Editore, Bari

BESTIARIO MINIMO

Esclusi cani e gatti, dalla nostra vita sono spariti gli animali. Non ci sono più asini, né si vedono muli. Macellati man mano che prendevano sopravvento auto e camion. Talvolta, di notte, percorrendo una strada di campagna è possibile ancora incrociare con i fari una volpe che fila a coda tesa da un margine all'altro. Le volpi sanno gli odori della polvere da sparo, li sanno le quaglie e le lepri. Oppure non è difficile salendo verso i primi contrafforti dell'Appennino imbattersi in un riccio o un topo di campagna. Filano come piccole macchine da guerra. Restano nei nostri cieli sempre più disabitati gli stridi delle rondini, i richiami di passeri e fringuelli, di merli gazze e gabbiani. Di gabbiani si vestono l'Adriatico e le mille discariche che infestano le campagne. A vederli da lontano, mentre beccano tra le immondizie, sembrano un campo di camomilla semovente o una siepe di biancospini. Ma è dolcissimo il verso rauco della gazza che vola sui rami dell'abete nel mio giardino, col suo frac bianco e nero. Sembra comunque proprio tramontato il tempo del dialogo tra uomini e bestie e solo si arrischiano a farci visita mosche falene zanzare moscerini formiche. Mentre vengono in casa pesci ovini e bovini in forma di cibo. Oppure chiusi in un acquario i piccoli pesci esotici multicolori. Perciò abbiamo pensato di dedicare agli animali una cartelle di incisioni. Ne è autore Vito Matera un pittore onirico e fiabesco, originario di Gravina e gli abbiamo affiancato una manciata di scrittori e poeti di varia provenienza geografica e culturale. Ognuno di loro ha descritto un animale. Sono Maurizio Cucchi, con un testo per i propri gatti Taddeo e Gioacchino; Clara Sereni, che si preoccupa per il fatto che i bambini di città non conoscono più gli animali; Luciano Luisi, notorio collezionista di conchiglie e in questo caso presente con due componimenti dedicati alla tellina e alla Cypraea Rosselli; Giovanni Russo, che scrive un'ode al mulo; Tano Citeroni, che ci ha lasciato prematuramente nel corso del 2004 e al quale dedichiamo la cartella, si preoccupa dell'asino e ironicamente di se stesso visto come bestia trionfante e infine Romana Petri che ci parla di un altro animale in estinzione, l'istrice. Un fuori programma ce lo offre Pedrag Matvejevic, avrebbe dovuto scrivere di bestie e invece ci ha voluto parlare di una pianta del deserto, la rosa di Gerico. Si sa che le scelte non sono casuali e spesso si tradisce una sorta di transfert col soggetto delle nostre scritture.   Raffaele Nigro - 2006
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